La disciplina dell’affidamento del servizio di distribuzione del gas

La disciplina dell’affidamento del servizio di distribuzione del gas
di Claudia CHECCHI, REF-E

Oltre la dicotomia tra VIR e RAB
Fin dall’emanazione del Decreto Letta e, quindi, dalla decisione di assegnare le concessioni tramite gara, tra gli aspetti più controversi che hanno rallentato tutto il processo, ha pesato in modo significativo il tema dei rimborsi per i gestori uscenti e il conseguente impatto sui livelli tariffari.
In tal senso ricoprono particolare rilevanza le decisioni che in questi anni ha assunto l’Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI) che hanno portato a una modifica della metodologia di valutazione del capitale investito a fini regolatori (RAB – Regulatory Asset Base) nelle gestioni per ATEM.
In particolare il valore riconosciuto a fini regolatori delle immobilizzazioni nette di località, che saranno oggetto di trasferimento a titolo oneroso dal gestore uscente all’entrante, su cui si baserà la remunerazione dell’operatore concessionario per ATEM nel primo periodo di affidamento, seguirà una regolazione asimmetrica e sarà determinato:
-sulla base del VIR, cioè il valore di rimborso, nel caso in cui l’operatore entrante sia diverso dall’uscente
-sulla base della RAB esistente (ossia sulla base del costo storico) se l’entrante e l’uscente coincidono.
L’AEEGSI non si è limitata a stabilire la metodologia di calcolo del capitale investito considerato a fini regolatori solo per il primo periodo, ma ha anche definito come saranno valorizzate le immobilizzazioni nette di località per il secondo, decretando che tale valore sarà pari alla somma di:
 -valore residuo dello stock esistente, calcolato in base al VIR, da cui vengono dedotti gli ammortamenti e le dismissioni riconosciute ai fini tariffari nel corso dei 12 anni di affidamento
-valore residuo dei nuovi investimenti realizzati nel corso del primo periodo, calcolato basandosi sia sul criterio del costo storico rivalutato sia sulle metodologie di valutazione a costi standard.
 
Il cambio di metodologia (da costo storico a valore industriale residuo) seppur molto significativo sarà graduale per una molteplicità di motivi.
Il VIR viene calcolato in occasione del primo affidamento e successivamente viene aggiornato con il metodo del costo storico e attraverso metodologie che presumibilmente si baseranno su costi standard (il metodo di valutazione dei nuovi investimenti a partire dall’AT 2017 sarà definito entro la fine del 2016).
La sostituzione del metodo del costo storico con il valore di rimborso avverrà gradatamente, in quanto si verificherà nel primo periodo di affidamento solo per quegli ATEM in cui l’entrante è diverso dall’uscente, e a partire dal secondo per tutti gli altri.
Le porzioni di rete di proprietà diretta dei Comuni (media nazionale pari al 12%, ma situazioni locali molto variegate) o per i quali è prevista la devoluzione gratuita continueranno a essere valutate a costo storico.
Anche negli ATEM in cui il gestore entrante è diverso dall’uscente non è detto che la valutazione del capitale investito netto a fini tariffari si basi totalmente sul VIR fin dall’inizio del primo affidamento. Infatti, nei c.d. comuni Post Letta (PL), cioè quei comuni che dopo l'entrata in vigore del Dlgs 164/2000 hanno individuato l'attuale gestore mediante gara e il cui affidamento scadrà successivamente al nuovo affidamento per ATEM, la valutazione del capitale investito sarà basata sul VIR solo a partire dal momento in cui effettivamente l’entrante subentra nella gestione e ciò si potrebbe verificare anche diversi anni dopo l’affidamento dell’ATEM.
 
Come accennato tutti gli investimenti realizzati successivamente al primo affidamento verranno valutati, e conseguentemente introdotti nella RAB,  non con il metodo del VIR ma non quello stabilito dall’AEEGSI, che ad oggi è il metodo del costo storico rivalutato, ma che già dal prossimo anno potrebbe essere sostituito con metodologie di valutazione a costi standard.
Nel tempo quindi, man mano che gli asset originariamente presenti nel capitale investito vengono ammortizzati, il metodo del VIR verrà completamente abbandonato.

Verso una maggior efficienza del settore
Dopo anni di ritardi, in autunno ha preso finalmente il via il processo di pubblicazione dei bandi che ha visto una netta accelerazione con il chiudersi del 2015, sicuramente complice l’avvicinarsi della scadenza per l’applicazione delle sanzioni che per il primo e il secondo raggruppamento era stata prorogata al 31 dicembre.
Il processo di riforma del regime di concessione mira a una concentrazione del settore, che ad oggi risulta ancora molto frammentato, come dimostra la presenza di circa 230 operatori che gestiscono il servizio di distribuzione in più di 7,400 località. Questi numeri appaiono molto elevati se si pensa che alla fine del processo di gara si avranno solo 175 rapporti concessori (uno per ogni ATEM) che faranno capo a un numero di operatori che si attesterà presumibilmente a meno della metà di quello attuale (una quarantina o forse addirittura meno).
In questo contesto assumono particolare rilevanza le attività di M&A che proprio in queste settimane stanno prendendo vita (JV tra Erogasmet e Osaka Gas; acquisizione del controllo di ATENA da parte di IREN; fusione tra A2A e LGH). Queste operazioni non appaiono però in grado di stravolgere la struttura del settore come invece potrebbe fare, se confermato, il recente rumor secondo il quale sarebbe allo studio l’ipotesi di fusione tra Italgas (gruppo SNAM) e 2i Rete Gas (gruppo F2i), attualmente il primo e secondo operatore del settore. In base alle stime di REF-E sulle quote di mercato in termini di RAB di località, gli ATEM in cui primo operatore con una quota di mercato superiore al 50% fa capo a SNAM o F2i sarebbero circa una novantina quindi poco più della metà degli ATEM messi a gara. Inoltre calcolando l’HHI pre e post fusioni su tutto il mercato, si rileva un deciso aumento del grado di concentrazione, ma questo non deve far pensare che si sia, a prescindere, in presenza di un’intesa anticoncorrenziale in quanto, per l’Antitrust, il mercato rilevante coincide con la singola gara, quindi gli effetti di una possibile intesa sarebbero valutati ambito per ambito.
 
Potenziale grado di contendibilità della gara
Alla luce della valutazione delle suddette operazioni di M&A, diventa interessante valutare quali sono le variabili che influenzano il potenziale grado di contendibilità della gara nei singoli ATEM.
In primis, rileva la presenza pregressa nell’ATEM, a cui sarebbe legato un vantaggio finanziario e organizzativo in grado di incidere in modo significativo sull’incentivo a partecipare alla gara.  In particolare nei casi in cui i gestori uscenti detengano quote di mercato molto elevate (con una soglia indicativa superiore all’80%) è difficile immaginare la partecipazione anche di un solo competitor oltre all’incumbent, in special modo se l’uscente è una impresa di grandi dimensioni o molto concentrata su un territorio. Infatti, a quote elevate di mercato detenute dall’incumbent corrisponde in genere un elevato valore di rimborso da corrispondere allo stesso che, di fatto, limita la platea dei possibili competitor.
Lo sforzo finanziario richiesto all’entrante è strettamente correlato anche alla dimensione dell’ATEM che a sua volta ha riflesso sul tipo di operatività richiesta (gli ATEM di più piccole dimensioni hanno normalmente anche densità molto bassa) e sui requisiti di partecipazione (numero di PDR gestiti pari almeno al 50% dei PDR dell’ATEM che va a gara, capacità finanziaria, etc).
La barriera finanziaria iniziale può essere mitigata dalla presenza dei c.d. comuni Post Letta. Infatti il gestore subentrante corrisponderà il valore di rimborso al gestore uscente nel momento in cui effettivamente subentrerà nella gestione e nel caso dei Comuni PL ciò si potrebbe verificare anche diversi anni dopo l’affidamento dell’ATEM.  Tuttavia, una quota elevata di PL può al contempo rendere l’ATEM poco appetibile, in quanto  la presenza di ampie parti del territorio escluse dalla gestione potrebbe impedire al nuovo operatore di sfruttare appieno le economie di scala.
Infine altro elemento da tenere in considerazione quando si valuta il potenziale grado di contendibilità di un ATEM è la sua eventuale strategicità per le maggiori imprese di distribuzione a livello nazionale. Infatti, la presenza di un gruppo di grande dimensione, altamente qualificato e magari  detentore di interessi anche in altri business sul territorio potrebbe scoraggiare i competitor più piccoli dal partecipare alla gara.
 
Per concludere
La recente pubblicazione di diversi bandi indica che la macchina delle gare, che dovrebbe portare ad una totale riorganizzazione del settore, si è ormai messa in moto. Tuttavia prima che il processo di affidamento tramite gara sia concluso passeranno presumibilmente diversi anni anche perché le incertezze non mancano. Si è, infatti, ancora in attesa di un pronunciamento da parte del TAR sui ricorsi presentati contro provvedimenti alla base di tutto il disegno del processo di gara.
Anche sul versante regolatorio, benché il quadro paia ormai definito, soprattutto per quanto riguarda i principi alla base della valutazione del capitale investito di località nel regime per ATEM, vi sono elementi di incertezza che riguardano la definizione delle modalità di valutazione dei nuovi investimenti dal 2017 e del valore del X-factor a valle del periodo di azzeramento. Inoltre non bisogna scordarsi che l’attuale periodo regolatorio finirà nel 2019 e non si possono escludere novità per il successivo.
In questo contesto un vero e proprio game changer potrebbe però essere rappresentato dalla conferma di ciò che fino ad oggi è solo un rumor, cioè la possibile fusione tra Italgas e 2i Rete Gas, il primo e secondo operatore del comparto. Quindi anche al netto del contenzioso, il cammino delle gare gas sembra ancora in salita.
 

 
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